venerdì 8 gennaio 2010

Massimo 30%?

Il 2010 ripropone un motivo tanto caro al governo. E lo ripropone nel luogo dell'accoglienza e dell'uguaglianza, la scuola. Non ce l'avevano fatta con il delirante progetto delle classi-ponte - classi-ghetto, in realtà, nelle quali confinare tutti gli accomunati dall'imperdonabile diversità di non far parte della razza giusta, dell'etnia giusta, della nazionalità giusta. Non ce l'avevano fatta con i presidi-sceriffi, quelli che avrebbero dovuto - in un'allucinazione razzista contenuta nell'allucinazione razzista che è il decreto sicurezza- provvedere ad allontanare gli studenti dalle scuole, se non cittadini italiani. E' di questi giorni la notizia - annunciata dalla pia Gelmini - che da settembre la percentuale massima degli alunni stranieri per classe non potrà superare il 30%.
Sono reduce da un brevissimo viaggio a New York. Lì - più che in tutti i paesi che ho visitato - è possibile percepire cosa sia realmente una società multietnica e le immancabili contraddizioni che secoli di motivi storici, antropologici, sociali e culturali inevitabilmente producono. Tutti fanno tutto, allo stesso modo, con la stessa maggiore o minore dignità, vivono l'uno di fianco all'altro in una situazione di apparente assoluta identità. Eppure anche lì, nonstante Obama, i neri sono coloro che pagano il prezzo più alto in termini sociali, economici, culturali del fatto che il pre-giudizio sulla diversità non è evitabile: basti considerare le percentuali di condanne a morte che coinvolgono quella fascia della popolazione.
Figuriamoci quindi cosa può accadere qui da noi, dove un partito con enorme capacità decisionale all'interno del governo fa della segregazione, dell'allontanamento, della non accoglienza uno dei propri principali elementi identitari.
Come ricorda l'avvocato Corrado Mauceri, coordiantore della Sinistra per la Costituzione, "i criteri per la composizione e la formazione delle classi sono di competenza esclusiva degli organi di democrazia scolastica e cioè dei collegi dei docenti e dei consigli di istituto. L'art.10 del T.U. n. 247/94 stabilisce difatti che Il consiglio di circolo o di istituto indica i criteri generali relativi alla formazione delle classi e l'art. 7 attribuisce al collegio dei docenti la competenza di formulare le specifiche proposte, tenendo conto di detti criteri generali.
Nessuna competenza ha in materia il Ministro".
Si tratta, insomma, di uno dei consueti sconfinamenti arbitrari in materie che pertengono esclusivamente all'autonomia scolastica: un elemento che questo governo si ostina a non tenere in considerazione, considerate le scorribande contenute negli stessi regolamenti per le superiori.
Ma sarebbe un errore liquidare queste operazioni esclusivamente sotto il segno di un dilettantismo pedestre e volgare. Esse sono i macabri indicatori di quell'ordine di facciata che stanno destinando al nostro paese, in un inquietante climax che dal grembiulino, al voto numerico, è arrivato fino all'abominio di fare parti diverse tra uguali. Dimostrando in tutti i casi come la mente piccola di una provinciale neofita della politica, incapace di intravvedere l'eterogeneità dell'esistente, interpreti fenomeni complessi (primo tra tutti quello dell'integrazione) a colpi di asfittica burocrazia.

1 commento:

  1. La cosa buffa (per modo di dire) è che, se uno leggesse bene la circolare numero 2 dell'8 gennaio, si accorgerebbe che, tra le righe e i sottili distinguo e l'incapacità di prendere una decisione "decisa" che sia una, la formazione classi, in ultima analisi, spetta sempre e soltanto ai collegi docenti e di istituto, e che questi organi possono derogare dal famoso 30%, con approvazione del Direttore generale del provveditorato e seguendo i criteri stabiliti nel '99.
    Tanto che mi viene da chiedere a che cosa tende davvero questa boutade.

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