domenica 29 novembre 2009

Commemorazione (provvisoria) della scuola della Costituzione

Che la Costituzione sia considerata un orpello demodé in questo strano periodo della nostra storia è provato dalle conseguenze di un fatto che è rimbalzato sulle pagine dei giornali con i consueti toni scandalistici: una nota ministeriale intitolata "Commemorazione dei sei soldati morti a Kabul" aggiungeva - all'informazione sul tragico evento del 17 settembre scorso, che tutti ricorderanno - un "invito" rivolto ai dirigenti a "promuovere nelle scuole occasioni di riflessione e di solidale partecipazione, osservando alle ore 12,00 di lunedì p.v., in concomitanza con i funerali solenni, un minuto di silenzio”. Un invito è un invito, si sa. Si può declinare, accettare. Non implica coercizione. Non prevede accoglimento necessario. Simonetta Salacone, dirigente della scuola Iqbal Masih, una delle anime della scuola democratica nel nostro Paese, che all'epoca non accolse l'invito - per una serie di motivi che qui è inutile sottolineare e che, soprattutto, non aggiungono nulla al senso di questa riflessione - è sotto procedimento disciplinare per aver declinato? ignorato? non accolto? non ricevuto in tempo? l'invito di Gelmini. In realtà, qualsiasi sia la risposta a quelle domande, nell'atteggiamento della Salacone si configurano soprattutto due principi sanciti dalla nostra Costituzione: la libertà d'insegnamento dell'art. 33 e l'autonomia scolastica riconosciuta dal nuovo Titolo V (art. 117). Principi che evidentemente non sono da considerarsi elemento significativo per assumere o no un provvedimento contro l'"indisciplinata" Salacone. Talmente indisciplinata da animare, lo scorso anno, un movimento di resistenza appassionata alla scuola-Gelmini; che si configurava sotto forma di decreto-legge (senza possedere requisiti di necessità e urgenza) e normava sotto forma di circolare ministeriale sulle iscrizioni la materia ancora non approvata contenuta nel regolamento sulla scuola primaria. Il non essere esecutori acritici del Berlusconi pensiero non va bene. E certe violazioni, a quanto pare, non ammettono perdono. Questa triste storia - giocata tra reali violazioni ministeriali e patetica coercizione demagogica all'omologazione ad un rituale collettivo di pura forma (il minuto di silenzio) che nulla dice sull'effettiva partecipazione a un realissimo dramma determinato da un realissimo stato di guerra - ci racconta un'Italia in cui le vie per intimorire, stigmatizzare, mortificare sono infinite. E assumono, in modo sempre più preoccupante, l'obiettivo strategico della repressione degli ormai rari rigurgiti di scuola democratica, laica, autonoma, riflessiva.

Nessun commento:

Posta un commento