domenica 8 novembre 2009

Contraddizioni

Leggo sul "Corriere della Sera" di oggi un pezzo di Giulio Benedetti che riferisce di uno studio della Banca d'Italia, che ho scaricato e che mi accingo a studiare, che dimostrerebbe che un buon diploma e una buona laurea significano una maggiore possibilità di trovare un'occupazione, salari più elevati ecc: in conclusione, un ritorno dell'8% del capitale investito per ciascun anno di corso (al Sud il 9%). Un rendimento medio privato per ogni anno di istruzione ben maggiore di qualunque altra forma di investimento. E questo solo per considerare il guadagno individuale derivante dalla formazione, trascurando quindi le "economie esterne" e i vantaggi che toccano tutta la collettività.
Molto bene, in fondo la conferma di quanto - in termini differenti - pansiamo, diciamo, scriviamo da anni. Che va a corroborare con dati economici una serie di altri concetti - la cultura emancipante, la cultura come rafforzamento della cittadinanza, la cultura come costruzione di identità, la cultura come creazione di lavoratori più felici e consapevoli - che ci porta a individuare nelle politiche di risparmio con cui da anni si gestisce la scuola della Repubblica una delle più colpevoli mortificazioni del processo di crescita del Paese.
Quello che decisamente stupisce è il commento di Gelmini ai dati evidenziati dallo studio degli economisti Cingano e Cipollone: «Il modo migliore per rispondere alla crisi è prendere atto che siamo nel­la società della conoscenza, e dunque occorre attrezzarsi». Verba volant, lo sappiamo. E nessuno si prenderà mai la briga - in questo come in molti altri casi - di inchiodare Gelmini all'incoerenza delle sue affermazioni. Alcuni dei modi che hanno scelto: distruggere il sistema del team e delle compresenze alla scuola primaria, indicato in tutta Europa come un modello didattico estremamente efficace; decurtare 140.000 unità di personale scolastico; aumentare il rapporto alunni/docente per classe; ideare una "riforma" della scuola secondaria che taglia tempo scuola, discipline, laboratori e - di conseguenza - sostegno per i diversamente abili, inclusione per i migranti; annullare qualunque possibilità di biennio unitario, che avrebbe consentito di continuare a sperare in un innalzamento dell'obbligo scolastico a 16 anni. Decidere, infine, di indicare nella scuola lo strumento per la definitiva divaricazione tra destini socialmente determinati: i nati bene al liceo; gli altri al tecnico e al professionale. L'operazione frutta allo Stato 8 miliardi di risparmio (l'ammontare dei tagli). Una cifra che forse ci suggerisce che la cultura e il danaro non sono beni omologabili ed equipollenti. E che il rendimento del singolo individuo non ha lo stesso senso del rendimento di uno Stato.
Il "risparmio" di Gelmini avrà un doppio effetto: ridurre la qualità del servizio (pertanto la stessa prestazione costa ai cittadini di più e il rendimento individuale scende); rendere i cittadini meno produttivi qualora non suppliscano con la spesa privata, essendo la qualità del servizio diminuita.

1 commento:

  1. Bello, chiaro, schietto, meglio non si poteva dire!
    *questa è* l'ultima "riforma", che si propone, che coraggio, di risollevare le sorti della Scuola italiana, dunque della formazione dei cittadini di domani!
    Di tutto, di tanto c'era necessità, tranne che degli interventi messi in atto e nel post ben commentati! :-(
    g

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